Cartoline da Piombino: piazza Verdi
La piazza che con i suoi tre locali di spettacolo, un rinomato albergo ed altre attività commerciali di ristoro aveva rappresentato nello scacchiere urbano il salotto cittadino, il luogo cioè di ritrovo e di sosta per la conversazione, vedrà in questo periodo dapprima la piena affermazione di questo ruolo, poi una sua graduale ma sempre più marcata limitazione dovuta all’eccessivo transito motoristico che aveva in questa zona un suo punto cruciale ed infine il ripristino delle vecchie abitudini grazie all’estensione della zona blu anche in questa parte della città.
Fra le prime innovazioni del dopoguerra si deve rilevare il ripristino delle lapidi sulla facciata del Rivellino e il ritorno delle bancarelle ai piedi dello stesso, proprio dove nel 1943 era stato abbattuto il monumento ai caduti fascisti, e che ricordavano l’epoca della Piombino socialista.
Qualche tempo dopo però le bancarelle scomparvero nuovamente ed anche le lapidi tornarono, per la seconda volta, nelle rispettive vie di pertinenza.
Trasformazioni più consistenti, avvenute quasi contemporaneamente sul finire degli anni 40, riguardavano i due locali di spettacolo che si affacciavano sulla piazza e l’Hôtel Centrale, il più importante albergo cittadino. Quest’ultimo, che Dante Mazzei aveva rilevato da Gargarella nei primi mesi del 1939 e che era stato colpito internamente da una bomba durante una delle tante incursioni aeree sulla città, nel 1948 venne completamente rimesso a nuovo, dotato di ristorante di prim’ordine e di autorimessa, come ricorda una splendida cartolina emessa per l’occasione.
Dopodiché nel 1952-53 la parte originaria dell’albergo venne allargata di una fila di finestre e sopraelevata di un piano fino ad allinearsi con la torretta a tre piani la quale era stata fatta edificare dal Gargarella negli anni 30 inoltrati sopra il locale all’angolo con Via San Francesco che era nato all’inizio del secolo come Eden Cinematografo.
Contemporaneamente alla torretta erano stati creati i terrazzi sulla facciata di tutto l’albergo e il bell’ingresso con le due colonne avanzate.
Infine negli anni 60 la facciata fu rivestita di mattoncini rossi, così come la vediamo ancora, uno dei primi esempi in Piombino, se non proprio il primo.
Per quanto riguarda i locali di spettacolo il più vecchio di essi, il Teatro Nuovo dei Ravvivati che aveva riaperto al Pubblico nel 1947 in occasione di una riunione pugilistica e che aveva poi ospitato fra le altre iniziative il veglione mascherato del grandioso carnevale del 1948 seguito da quello altrettanto grande del 1949, avendo bisogno di ristrutturazioni e non avendo i proprietari (l’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra) i capitali necessari per farle, fu dato in gestione a certo Borsotti di Firenze.
Questi provvide ad una sua radicale trasformazione facendo demolire i vecchi palchi all’opera (che in quel tempo per la verità venivano spesso usati come alcove di incontri amorosi e persino come vespasiani dai ragazzetti) e creando al loro posto la galleria, oltre a mutarne l’ingresso che perse le belle entrate ad arco. Così il vecchio Teatro dei Ravvivati, piccolo gioiello di architettura teatrale costruito nei primi anni del Novecento sul modello dei teatri classici all’italiana, in stile napoleonico, perdeva la sua splendida fisionomia sia esterna che soprattutto interna, per diventare con il nome ancora attuale di Cinema Teatro Metropolitan forse più pratico e funzionale, senz’altro più capiente, ma assolutamente privo dell’eleganza di una volta.
Il nuovo edificio iniziò comunque l’attività nell’aprile del 1950 ma dopo pochi mesi, e precisamente il 20 agosto di quello stesso anno, subentrò alla gestione Borsotti l’ing. Romanelli di Arezzo, proprietario di altre sale cinematografiche in quella città, il quale ne affidò la direzione a Paride Semino e provvide a nuovi interventi fra i quali il rifacimento del soffitto in materiale più leggero, del pavimento della platea che venne realizzato in legno, e all’apposizione sul frontespizio del palcoscenico, il cui spazio era stato raddoppiato nella gestione precedente della frase di Shakespeare “e il mondo intero una ribalta” che molti ancora ricordano.
Nel marzo del 1969 il Metropolitan rientrava in gestione dei proprietari che nel 1974 vi fecero eseguire nuovi interventi che ne modificarono ulteriormente l’aspetto, migliorandolo, così come lo vediamo tuttora salvo qualche altra modifica successiva.
Nel 1949 anche il Supercinema, elegante locale in stile liberty realizzato da Cesare Baldasseroni nel 1927 sulla struttura del vecchio Politeama Piombinese e prima ancora della Arena Maresma, e proseguito nella gestione dai figli Nello e Cafiero, veniva completamente rimodernato perdendo il bell’ingresso ad archi che venne sostituito con uno squadrato rivestito di travertino lucidato secondo i dettami della moda dell’epoca.
Fu ribattezzato Nuovo Supercinema. In questi locali, ma anche all’Odeon di Via Lombroso, altra rinomata sala cinematografica cittadina, si svolse in un clima di entusiasmo generale per tutti gli anni 50 e buona parte degli anni 60, la grande stagione del cinema e dello spettacolo in genere, caratterizzata dalle sale sempre piene fino all’inverosimile, quando spesso era necessario aspettare la seconda proiezione o il secondo spettacolo per trovare un posto a sedere.
I palcoscenici dei nostri cinema furono calcati dai più grossi nomi del teatro eggero all’italiana, il famoso varietà, con le compagnie di Gino Bramieri, di Walter Chiari, di Carlo Dapporto, di Renato Rascel ed altri ancora; tutta una storia dello spettacolo che si avviava lentamente al tramonto sorpassato da tempo e dalla diffusione della televisione.
Il 27 gennaio 1970 il Supercinema o semplicemente Super come tutti lo chiamavano, effettuò la sua ultima proiezione dopodiché chiuse per sempre i battenti. Il giorno dopo iniziavano i lavori di smantellamento del locale ad eccezione della facciata che rimaneva per vincoli artistici così come la vediamo ancora, per far posto al nuovo edificio della Rinascente Upim che lo gestirà esattamente tredici anni, dall’11 novembre 1971 al 29 dicembre 1984, prima di passare ai magazzini Semaforo Rosso che lo gestiscono tuttora.
Altre novità della piazza sono legate al problema del traffico.
La più importante di esse si registrò nella attigua Piazza Edison, un tempo anch’essa indicata come Piazza Verdi, sede di un grazioso giardino pubblico risalente agli anni 30, delimitato verso la Via Leonardo da Vinci da una fila di panchine che erano state ristrutturate nel 1949.
Problemi di viabilità legati alle esigenze del traffico portarono nel 1954 alla progettazione di un raccordo stradale fra la Via Leonardo da Vinci e Piazza Verdi i cui lavori, iniziati il 28 aprile 1955 ed ultimati il 27 giugno dello stesso anno, comportarono la demolizione della fila di panchine e la riduzione del giardino.
Altre belle panchine, del tipo in graniglia lucidata e colorata, furono ordinate quello stesso anno per venire sistemate, singolarmente e in numero limitato rispetto a prima, ai margini della nuova strada. Poco tempo dopo fu poi praticata nell’antico muro di cinta della città una apertura ad arco fra Piazza Edison e Corso Vittorio Emanuele, al fine di permettere il collegamento diretto fra le due zone.
Intanto in Piazza Verdi erano state disegnate in terra le strisce per il parcheggio dei veicoli sia ai piedi del Rivellino che davanti all’Hôtel Centrale, oltre ad una serie di strisce pedonali per l’attraversamento della piazza che si erano rese necessarie a causa del continuo via vai di auto e motorini sparsi un po’ in tutte le direzioni e che portarono nell’estate del 1971 al concepimento di tutto un sistema di “zebre” e percorsi obbligati che coprirono quasi interamente la piazza e che i Piombinesi chiamarono subito “Gimkana” o “Gioco dell’Oca”.
Il nuovo sistema ebbe però breve durata in quanto l’istituzione dell’isola pedonale anche in questa zona, avvenuta all’inizio della seconda metà degli anni 70, consentì il passaggio degli automezzi solo sulla strada che da Via Leonardo da Vinci attraverso Piazza Verdi porta in Via Giordano Bruno, oltre naturalmente al servizio degli autobus che avevano qui una fermata, proprio dietro l’angolo del Bar Cristallo e che vi è rimasta fino alla recente realizzazione del terminal in Piazza Edison.
L’eccessivo traffico automobilistico, pur limitandola, non tolse comunque mai del tutto alla piazza quella vocazione salottiera che l’aveva caratterizzata sin dal suo nascere ed alla quale contribuivano, soprattutto nella stagione estiva, quei bar che vi si inoltravano, così come fanno ancora, con sedie e tavolini. Così ricordiamo il bar Giannotti che l’aveva rilevato nella prima metà degli anni 50 da Marianetti Giovambattista, detto “Tista”, il quale a sua volta lo deteneva già dagli anni 20.
Un locale insomma legato ai vecchi tempi cittadini che aveva subito notevoli trasformazioni sotto la gestione Giannotti e che risultava già allora uno dei locali maggiormente affollati del periodo estivo, esclusi quelli di Piazza Bovio. Nel 1961 il Giannotti lasciò l’attività che venne rilevata da Confortini Enzo e Alessi Pietro detto “Thomas” i quali vi apportarono nuove modifiche e il nome di Bar Cristallo, un locale che ha poi più volte cambiato gestione pur mantenendo sempre la stessa ragione sociale, cioè il nome.
Ed ancora il Bar Verdi, locale anch’esso di antica tradizione nato come fiaschetteria e divenuto poi caffè con l’entrata in uso delle prime macchinette da caffè, sebbene anche allora la bevanda preferita dai suoi avventori fosse il vino, ed infine bar vero e proprio sotto la gestione di Divo Biagioni che lo rilevò nel 1952 arredandolo modernamente e provvedendolo di un frequentato juke-box, il primo della piazza.
Divo Biagioni lascerà il bar Verdi quarant’anni dopo, l’11 marzo 1992 ed i nuovi gestori ne cambieranno il nome dopo averlo completamente rimodernato.
Altre attività commerciali degne di rilievo sono il vecchio negozio di mercerie delle sorelle Donati e la pasticceria “al Super” di Guido Bendinelli, allievo di Dante Mazzei e che come dice il nome era posto ai piedi del cinema omonimo, prima di trasferirsi in Via Volta dove è tuttora sebbene sotto gestione diversa, quando il cinema come abbiamo visto cedette il passo ad altra attività.