«Stare su una barca a vela richiede collaborazione, fiducia e capacità di adattamento: è una prova in miniatura di come dovrebbe andare il mondo», esordisce una delle operatrici impegnate nel corso special promosso dalla “Società della Salute Valli Etrusche”. Un programma che unisce l’attività velica della società sportiva dilettantistica OLTREleALI al desiderio di offrire un’opportunità di crescita personale e inclusione sociale a ragazzi con problematiche legate al neurosviluppo. Per intenderci, quel grandissimo capitolo della salute mentale dei più giovani che va dai disturbi dello spettro autistico fino all’ADHD. Come spesso accade, tutto nasce da un bando regionale. Giorgio Corretti, medico psichiatria e direttore del Servizio di Salute Mentale delle Valli Etrusche, che da tempo accarezza l’idea di promuovere interventi di tipo sportivo per giovani neurodivergenti, decide di parteciparvi per conto dell’azienda sanitaria locale che dirige. Il territorio di competenza è abbastanza vasto – va dal comune di Rosignano a Riotorto – e il coinvolgimento dei pazienti, subito cercato, cresce con altrettanta rapidità. Esperienze simili non sono inedite e varie località italiane hanno visto nascere progetti analoghi, ma in quello ideato da Giorgio si raggruppano insieme diversi tipi di attività sportive e motorie. Come le attività, anche le maglie della diagnosi si allargano e quello che era iniziato come un progetto solo per l’autismo, abbraccia ora una cinquantina di giovani con differenze neurocognitive. Quanto alla “sezione marittima” del progetto, questa prevede una o due uscite in barca a vela a settimana, fino alla fine di marzo 2025. Ma Giorgio sottolinea che c’è già una volontà comune di andare oltre quella prima scadenza. All’arrivo al porticciolo di Salivoli, il compito degli operatori sanitari, che accompagnano i ragazzi partecipanti, è quello di facilitarne l’accesso alle imbarcazioni e alla pratica motoria. Ma l’obiettivo è che i giovani si sleghino quanto prima dal sostegno degli operatori della salute mentale e possano lavorare solo con i tecnici sportivi. «L’ho visti salire in barca al mattino con un’espressione, e scenderne la sera con una diversa, piena e distesa. Ma poi io stessa son scesa di lì e stavo di un bene…», racconta Federica Vinciarelli, Assistente sociale della SdS Valli Etrusche, in forza dal mese di settembre presso il Centro di Salute Mentale di Piombino. «Ogni servizio ha individuato i pazienti idonei e ha proposto loro di partecipare. Alla fine si è formato un bel gruppo eterogeneo», continua Federica, descrivendo come l’inclusione di ragazzi di età compresa tra i 15 e i 34 anni abbia creato un ambiente trascinante e variegato
E l’impegno è significativo da parte di tutti gli attori coinvolti. «È un lavoro di squadra, sia in barca che a terra. Serve che ognuno porti il proprio contributo», conclude. E infatti l’iniziativa ha già suscitato l’interesse di altre realtà territoriali e gli organizzatori auspicano che possa essere replicata in futuro, offrendo a un numero sempre maggiore di giovani la possibilità di beneficiare di un percorso di inclusione attraverso lo sport. L’entusiasmo velico, insomma, ha già contagiato tutti.
Dal punto di vista operativo, il progetto prevede lezioni teoriche e uscite in barca, con un’organizzazione minuziosa che coinvolge istruttori di vela e un’équipe medica di operatori della salute mentale. Le uscite sono state pianificate in modo da offrire un ambiente sicuro e stimolante, dove i ragazzi possano sentirsi accolti e supportati. E ogni giornata in mezzo al mare è un’occasione per sperimentare non solo le dinamiche del lavoro di squadra, ma anche per godere del contatto diretto con l’incredibile natura dell’Arcipelago Toscano.
Ma come s’è arrivati a Salivoli? Punto d’ancoraggio tra la società sportiva dilettantistica OLTREleALI e il Consorzio “Società della Salute Valli Etrusche” è stato il dottor Daniele Busatta, anch’egli medico psichiatra del Centro di Salute Mentale di Piombino. Velista appassionato, ha conseguito la patente nautica sotto la guida di Stefano Ferraro. Quando allora ha saputo del progetto concepito da Giorgio, Daniele ha pensato subito a Stefano e all’offerta didattica di OLTREleALI. L’ha chiamato e – in quattro e quattr’otto: ho un’ora libera io, stai già al porto tu (pieno “stile Ferraro”) – pochi minuti dopo i due già s’incontravano sulla banchina del porto di Salivoli. Non ci è voluto poi molto perché si discutesse dei dettagli, e da qui il passo è stato breve per passare alla selezione dei pazienti: le persone più autonome e dotate di un buon compenso per poter stare in barca in piena sicurezza. «Il dottor Giorgio Corretti, il nostro responsabile, ha fatto un grande sforzo per coinvolgere i pazienti e tutta l’équipe in più percorsi di riabilitazione possibile. Sai, noi lavoriamo nell’unità funzionale della salute mentale per adulti, quindi psichiatria, ma non devi pensare a un grande polo medico. Anzi. Il nostro centro di salute mentale sta nell’Ospedale di Villamarina, che è piccolo – certo – ma anche se piccolo funziona molto. Quel che facciamo è una psichiatria il più possibile territoriale, cerchiamo cioè di portare progetti fuori dall’ospedale e collaboriamo con associazioni, centri giovani, società sportive, appunto! Tutte realtà che possono aiutare i nostri pazienti a ristabilire un contatto con l’esterno non secondo il modello manicomiale, in cui una persona che soffre di disturbi psichici rimane solo in ospedale o in luoghi medicalizzati, ma al contrario sul territorio, cercando di coinvolgere il più possibile tutta la società». Il successo di questa iniziativa dalle parole di Daniele si riflette anche nei racconti degli operatori e dei ragazzi coinvolti direttamente nelle giornate di navigazione. Molti partecipanti hanno mostrato significativi miglioramenti dal punto di vista comportamentale e relazionale. E l’attività velica ha avuto un impatto positivo non solo sui ragazzi, ma anche sulle loro famiglie, che potranno giovare dei progressi compiuti nei mesi a venire, e sugli operatori sanitari stessi. La loro partecipazione attiva in mezzo alle onde è stata fondamentale per contribuire a creare un contesto di sostegno e comprensione reciproca. La vela non è stata scelta a caso. Se, come tutti gli sport, richiede concentrazione, capacità di adattamento e rispetto delle regole, imparare ad andare per mare mossi dal vento insegna presto che tutte quelle qualità non possono che venire dalla fiducia. Ci si deve fidare che il vento soffi, che le vele si possano regolare al meglio, che il tempo non diventi troppo fosco, che l’equipaggio voglia navigare, che il mare accompagni il viaggio. E questa fiducia dell’uno verso l’altro diverso da sé, questa collaborazione e la capacità di adattamento a cui la vela naturalmente educa si rivelano competenze fondamentali per i giovani coinvolti. Operare insieme su una barca a vela implica affrontare situazioni impreviste, prendere decisioni rapide, condividere responsabilità: tutto quel che serve per coltivare le abilità sociali e relazionali e potenziare il senso di appartenenza a una comunità. E, oltre all’aspetto più terapeutico, il progetto ha anche un’importante valenza educativa: i partecipanti acquisiscono nuove competenze tecniche legate alla navigazione e alla gestione di una barca. Ma queste capacità specifiche sono immerse anche loro nella regola delle regole dell’andar per mare: e ossia comprendere che non capire tutto, non sapere tutto è parte della tecnica. In barca ci si fanno delle domande, si trovano delle risposte, poi si perfezionano le domande, migliorano le risposte, si cambia rotta quando il mare lo suggerisce e si mette in discussione tutto in continuazione. Non molto diverso dalla vita, vi pare?