Formatasi come abbiamo visto sopra un antichissimo e poderoso sperone di roccia proteso nel mare a somiglianza della prua di una nave, la piazza più bella di Piombino ed una delle più affascinanti del mondo intero, si presentava alla fine della guerra così come l’avevamo lasciata all’inizio delle ostilità; era cioè completamente circondata da due ordini di panchine diverse fra loro: quelle a “traforo” e a sbarre realizzate negli anni 10 e relative alla sola prima parte fino allo zoccolo trasversale ancora esistente, e quelle in stile cosiddetto littorio, tutt’ora attuali, erette nella seconda parte della piazza sul finire degli anni 30.
L’unico elemento che ci testimonia il passaggio della guerra, nelle immagini riprese da viale del Popolo, è il rifugio antibomba con relativo piazzale d’accesso realizzato sotto Piazza Bovio e utilizzato nel dopoguerra come rifugio per gli scafi del Centro Velico Piombinese.
La prima innovazione del dopoguerra, anche se non strettamente relativa alla piazza, è la creazione delle panchine, così come le vediamo ancora oggi, nel primo tratto di Viale del Popolo, e da considerarsi come il naturale prolungamento della stupenda cornice a balaustra che delimita tutta la stessa piazza e che appaiono già esistenti in una cartolina spedita nel luglio 1947. Il completamento dei lavori relativi al detto viale ebbe termine nel 1949.
Per quanto riguarda la piazza vera e propria, la prima novità è costituita dalla creazione di un certo numero di lampioni sistemati sopra i colonnini delle panchine limitatamente alla sola seconda parte e di foggia simile, anche se ovviamente più piccoli, ai due lampioni centrali della prima parte che risalivano agli anni 30. Questi lampioni, di poco successivi alle panchine di Viale del Popolo e anch’essi già esistenti nel 1947, ebbero vita breve perché accusati dall’Ufficio Circondariale Marittimo di danneggiare la navigazione a causa delle interferenze con le segnalazioni d’uso emesse dal faro della torretta e già nell’autunno del 1949 vennero sprovvisti di lampadine e quindi oscurati.
Intanto, dopo l’apertura del primo chalet della piazza ancora esistente, avvenuta nell’estate del 1948 per la vendita di bibita e gelati, in quello stesso anno furono iniziati e terminati l’anno successivo i lavori di sistemazione della piazza con particolare riguardo allo stato delle panchine che vennero unificate stilisticamente. In pratica vennero eliminate quelle vecchie “a traforo” e sostituite con altre simili a quelle appena realizzate in Viale del Popolo.
Con la piazza sistemata, fu affrontato nuovamente il problema della sua illuminazione che portò alla eliminazione degli spenti lampioni ed alla loro sostituzione con altri nuovi, di foggia assai più elegante dei precedenti e che furono anch’essi installati sui capitelli delle panchine ed estesi a tutto il perimetro.
Completati nel 1950 questi lampioni, in numero di dodici, erano provvisti di globi schermati e di tettuccio, ma anch’essi incontrano le resistenze delle autorità marittime tanto che un nuovo progetto del 1953 atto a soddisfare sia le esigenze della pubblica illuminazione sia quelle della navigazione, portò l’anno successivo alla realizzazione di nuovi punti luce ancora nella sola seconda parte. Essi vennero installati in alcuni colonnini delle panchine attraverso l’incasso sulla facciata che guarda la piazza, di una scatola metallica rettangolare protetta da un cristallo e contenente un tubo fluorescente, il comune neon.
Questo sistema fu preventivamente fatto approvare dal comando della zona fari di La Spezia, ma nonostante il benestare dell’Ufficio Circondariale Marittimo le nuove luci, come del resto anche i lampioni prima, erano quasi sempre fuori uso, danneggiati – si dice – anche dalle coppiette di innamorati che allora come oggi si spingevano fin qui in cerca di un po’ d’intimità.
Nonostante le nuove luci, i lampioni sui capitelli rimasero al loro posto ancora qualche anno a far bella mostra di sé ed anzi, nell’estate del 1955 i due vecchi lampioni centrali furono sostituiti con altri due più consoni allo stile di straordinario effetto dei riflessi luminosi nelle acque sottostanti.
Gli anni 50 videro notevoli trasformazioni anche nella parte sottostante la piazza dove ha sede la spiaggia. Qui, sul piazzale che era stato realizzato al momento della costruzione del rifugio antibomba, fu costruito nell’estate del 1953 l’edificio del Centro Velico Piombinese che comportò la scomparsa della rinomata campana che la leggenda popolare voleva costruita dai detenuti che un tempo occupavano le carceri della piazza ma che più probabilmente era dovuta alla casuale azione erosiva del mare. Si sa di certo che si trattava di una pietra dall’alto potere detergente.
Contemporaneamente alla costruzione dell’edificio fu sistemato anche il relativo piazzale d’alaggio che venne dotato di uno scivolo per la messa in mare degli scafi e di un piccolo bagno con doccia il quale sarà raddoppiato nella seconda metà degli anni 60. All’inizio della seconda metà degli anni 50 il piazzale d’alaggio venne quindi raddoppiato e dotato di un secondo scivolo secondo il progetto che era stato interrotto per mancanza di soldi, così come lo vediamo ancora. A protezione dello stesso venne creata anche una scogliera frangiflutti che nel corso degli anni sarà più volte potenziata e che al suo apparire divenne subito il quartier generale dei ragazzi che frequentavano questa parte di mare e che da qui si esibivano nella pratica dei tuffi.
Altri tuffi venivano e vengono effettuati dagli irti scogli della Rocchetta e persino dall’alto delle panchine in voli spettacolari una volta retribuiti da turisti in cerca di emozioni.
Inserito al piano terreno dell’edificio appena edificato, aveva intanto cominciato a funzionare un bar che stava aperto d’estate, anche la sera, e che in breve tempo estenderà i suoi confini fino allo spiazzo antistante la scalinata per Viale del Popolo e dove, al riparo di una grande tettoia a canneggiole, seduti a un tavolino, era possibile sorseggiare una bibita, magari con la cannuccia o gustarsi un gelato confortati anche dalla musica che un juke-box incessantemente diffondeva, davanti ad uno scenario marino di grande effetto.
Gli anni 60 iniziarono con l’installazione da parte di una ditta privata, di due telescopi sistemati nella parte centrale della piazza, a ridosso delle panchine e rivolti uno verso Marina e la Cittadella e l’altro sul versante della spiaggia dal quale era possibile osservare un po’ più da vicino le frequenti traversate dei piroscafi di collegamento con l’Isola d’Elba. Essi durarono pochi anni a causa dei danni causati dalla salsedine.
Quegli iniziali anni 60 portarono però anche dei dispiaceri ai numerosi amanti della passeggiata in Piazza Bovio con l’abolizione del divieto di transito alla fine dell’edificio scolastico che era stato introdotto nel 1949 e che ora trasformava la piazza nella pista ideale di un continuo carosello di auto e motorini che sovrapponevano alla calma propria di questo luogo l’assordante rumore dei motori e sostituivano al suo caratteristico profumo di mare quello della benzina bruciata, almeno nella prima parte di essa. Vennero persino disegnate per terra le strisce che delimitavano le zone di parcheggio.
Infine sempre in quegli anni ancora novità nel campo dell’illuminazione: vengono eliminati i lampioni sui colonnini delle panchine ed anche quelli centrali che sono sostituiti con due grandi lampioni a doppia parabola che allora si andavano diffondendo anche in altre parti della città.
Tre lampioni ad una sola parabola vennero sistemati anche nel primissimo tratto della piazza dalla parte opposta dell’edificio scolastico ed altri ancora lungo Viale del Popolo. Era il 1963.
Le plafoniere incassate nei colonnini delle panchine, costantemente rotte e prive dei neon, furono abbandonate a se stesse e ancora oggi se ne vedono le tracce ricoperte di cemento. La seconda parte della piazza dopo quest’ultimo tentativo non sarà mai più illuminata.
Gli anni 70 infine riportano la grande novità della trasformazione di Piazza Bovio in isola pedonale, primo passo di un progetto che poco tempo dopo estenderà la cosiddetta zona blu anche in altre parti della città, a totale beneficio del transito pedonale.
Così nell’estate del 1971, dopo aver fatto ripristinare l’asfalto che era stato “mangiato” dall’usura del tempo e dal salmastro ma soprattutto dall’eccessivo traffico motoristico, ne venne vietato l’accesso a qualsiasi automezzo.
Gli anni 70 rappresentano però anche il declino delle sue strutture, a cominciare dal Centro Velico Piombinese.
Questi, un organismo popolare i cui soci erano operai, impiegati, artigiani e persino pensionati, e che aveva già dato accenni di crisi nel corso degli anni 60, aveva avuto il suo momento d’oro fra il 1948 e il 1960, arco di tempo durante il quale nel periodo estivo erano rare le domeniche senza vele nel canale che richiamavano una gran massa di appassionati, armati spesso di binocolo, o semplici amanti dello spettacolo, accalcati sulla punta della piazza o sulle alture di Cittadella e Viale del Popolo.
Il Centro Velico Piombinese, che aveva in proprietà scafi della popolare classe nazionale “S” rappresentante la sua forza agonistica e campanilistica, aveva poi portato in regata, primo in Italia, anche scafi di proprietà sociale della prestigiosa classe F.D. (Flying Dutchman o Olandese Volante) considerata dagli esperti una delle più difficili, se non proprio la più difficile classe velica internazionale e della quale lo stesso Centro Velico possedeva anche una serie per la formazione degli allievi chiamata Flying Junior (F.J.), riuscendo ad ottenere brillanti affermazioni sia in campo nazionale che internazionale ed a tenere alto il prestigio di un passato velico che aveva origini lontane e che aveva sempre dato tante soddisfazioni alla città di Piombino.
Di questo periodo si ricordano nomi di scafi leggendari come il “Luana” e il “Rossella” e di protagonisti quali Giovanni Paoli, grande timoniere, Roberto Poggianti e Silvio Zinali, tanto per citare i maggiori.
Alla crisi del Centro Velico Piombinese fa seguito la chiusura del bar sotto Piazza Bovio che dal momento della sua entrata in attività aveva sempre esercitato un grande richiamo per la frequentazione della piccola ma apprezzata spiaggia e che ora come ripercussione immediata ne causava un certo allontanamento. Il bar effettuò la sua ultima stagione nell’estate del 1977.
Anche il bar sopra la piazza subiva un qualche ridimensionamento; sono ormai lontani i tempi in cui la “sdraiata” dei tavolini e delle sedie oltrepassava il basamento circolare del primo lampione centrale e dove, come per il bar visto prima, una continua musica da juke-box accompagnava spensieratamente i momenti di ristoro dei numerosissimi frequentatori.
I duri anni 80 avrebbero poi allontanato sempre di più Piazza Bovio dallo splendore dei decenni trascorsi, ma grazie alla sua straordinaria posizione naturale sul mare ed allo spettacolo insuperabile del panorama, essa rimaneva di per se stessa il luogo per eccellenza dei Piombinesi, del quale vantarsi e andare orgogliosi.
E ancora oggi, nonostante l’incuria dell’uomo più che l’azione del tempo, Piazza Bovio è e rimane l’emblema principale della città di Piombino, così come le ciminiere lo sono per i forestieri, almeno per coloro che ne ignorano l’esistenza perché chi di loro, magari di passaggio per l’Elba si è addentrato nella città, una volta giunto sulla grande terrazza a mare ne è rimasto stupefatto. A riprova di questo, se mai ce ne fosse bisogno, citiamo la cartolina con la quale si conclude anche il libro, edita da una ditta specializzata di Torino a metà degli anni 50 e intitolata “Souvenirs d’Italie” dove, accanto ai maggiori monumenti di alcune fra le più belle città italiane come Roma, Firenze, Napoli, Venezia ed altre, campeggia anche l’immagine della nostra Piazza Bovio.
Una cartolina forse non bella come le altre svariate centinaia che sono state interessate da questo luogo, ma che assegna a Piombino grazie al suo spettacolare “monumento” un posto di rilievo fra le bellezze d’Italia, e quindi del mondo.
NDR: i riferimenti dell’autore all’incuria sono ormai superati e la piazza, grazie alle cure dell’amministrazione comunale, è tornata al suo antico splendore.